Pietro Mancuso nasce a Valdobbiadene, nel Trevigiano, il 9 settembre 1944, e come tanti coetanei, negli anni 60 cerca lavoro in giro per l'Europa: si trasferirà prima in Svizzera e poi in Olanda. Qui visita le antiche cattedrali e le maggiori collezioni dei musei pubblici: l’arte lo appassiona sempre più e decide di dedicarsi completamente alla pittura quando vede i dipinti degli espressionisti tedeschi: Kirchner, Heckel e Kokoschka.
Tornato in veneto nel 1967, completa il suo apprendimento studiando i maestri del Cinquecento veneto; da allora lavora nel suo studio isolato immerso tra le vigne dei colli di Valdobbiadene, dove oltre a dipingere tavole ad olio, si dedica anche alla scultura.
Nel suo percorso artistico, Mancuso è approdato alla visione dei grandi maestri del Simbolismo e della Pittura Metafisica. Ha rinnovato così la sua “maniera” di approccio all’arte della pittura, della scultura e del disegno. Il senso di evoluzione metamorfico è diventato ora più lucido, duro ed ossessivo; il cangiantismo lo arricchisce di una carica simbolica, metafisica che si immerge sempre di più verso l’introspezione onirica.
Queste composizioni rappresentano un elemento chiave nell’arte di Mancuso, inserite in affollati insiemi di strutture geometriche e architettoniche, con archi, costruzioni a sbalzo, pavimentazioni stellate (che a volte diventano a scacchiera) o semplicemente piani squadrati e timbricamente distinti, che si amplificheranno nei “tutto pieno” dei dipinti di grandi dimensioni, ricorrenti nella produzione dell’artista.
Oggi l’arte di Pietro Mancuso non ha riferimenti che in Pietro Mancuso. È vestita di nudità e il definirla così non è retorico, perché i corpi femminili che a centinaia saturano i dipinti a olio su tavole rivestite di faesite hanno spesso incarnati volutamente artificiali, talvolta quasi metallici, o mitologicamente panici.